Cancro: scoperte tattiche mimetismo del sistema immunitario

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LA SCOPERTA DI SCIENZIATI AUSTRALIANI

Scienziati australiani hanno scoperto la tattica con cui le cellule di un comune cancro del sangue si moltiplicano mimetizzandosi, sfuggendo così al sistema immunitario. Le cellule sono molto abili e usano diversi trucchi per confondere le cellule immunitarie, formando ‘cortine fumogene’ per impedire alle cellule immunitarie di riconoscere il cancro”, scrive la responsabile della ricerca Fabienne Mackay del Dipartimento di immunologia della Monash University di Melbourne, sul sito dell’ateneo.
La scoperta apre la strada alla formulazione di trattamenti che permettano al corpo di combattere il cancro stesso, in particolare la leucemia linfocitica cronica, che attacca i globuli bianchi o cellule B che producono anticorpi per combattere le infezioni. I trattamenti correnti colpiscono le cellule B, sia cancerose che sane, rendendo i pazienti più vulnerabili a infezioni secondarie. La maggior parte dei pazienti di conseguenza muore per altre malattie perché il loro organismo non le protegge più.
“La migliore arma che abbiamo per combattere il cancro è il sistema immunitario. Può percepire la presenza di un’infezione ed anche l’emergenza di un cancro”, aggiunge Mackay. Il sistema immunitario potrà essere riattivato da un farmaco che colpisca il pericoloso congegno noto come TACI, o recettore del fattore di necrosi tumorale 13B. Il TACI produce in abbondanza la proteina che inganna il sistema immunitario perché accetti il cancro, e rende il sistema stesso incapace a combattere altre infezioni. Colpendo il recettore, spiega la studiosa, le cellule B del paziente restano vive e possono svolgere il loro ruolo positivo nel sistema immunitario, compreso quello di attaccare le cellule tumorali.

da ANSA.IT Salute&Benessere del 10.08.2015

Tumori: in aumento screening, ma Sud fanalino di coda

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20 MILIONI INVITI SPEDITI NEL 2011/2012, LA META’ HA RISPOSTO

Aumentano, rispetto al passato, gli inviti a sottoporsi a screening contro i tumori, e le persone che vi aderiscono, ma con pesanti differenze tra Nord, Centro e Sud, soprattutto a svantaggio di quest’ultimo. Nel 2011-2012 sono stati spediti 20 milioni di inviti, cui ha risposto la metà, come emerge dall’ultimo rapporto dell’Osservatorio nazionale screening con le società scientifiche Gisma, Giscor e Gisci.
In particolare nel 2011-2012, sono stati inviati 7,4 milioni di inviti a screening per il cancro del collo dell’utero, 5,2 per quello al seno e 7,7 per quello del coloretto, cui hanno risposto rispettivamente 3,05 milioni, 2,9 milioni e 3,5. Per il pap test, l’esame principale per rilevare un’eventuale tumore della cervice uterina, le donne tra i 25 e 64 anni che hanno ricevuto un invito sono state quasi il 70%. Ciò non significa però, spiega il rapporto, che il 30% della popolazione non riceva gli inviti, quanto piuttosto che arrivino dopo un periodo di oltre 3 anni. Il dato è comunque cresciuto rispetto al 2007-2009, quando era stato del 63%, e del 2004-2006, in cui era del 51,8%. L’Italia è comunque uno dei primi paesi in Europa ad essersi mosso nell’utilizzo dell’altro test per il cancro del collo dell’utero, quello del Dna del virus dell’Hpv. Nel 2012 10 regioni, tramite 19 diversi programmi, hanno invitato 300mila donne (l’8% della popolazione bersaglio) a sottoportsi al test del virus hpv, cui hanno risposto positivamente in 130mila. Per il tumore del seno invece, quasi 3 donne su 4 tra il 2011-2012 sono state invitate allo screening, ma con forti differenze regionali: si va da circa il 90% del centro-nord al solo 40% del sud, anche se tutti comunque in tutte e tre le aree si registra il 20% in più rispetto al 2005-2006. Anche per lo screening del tumore al coloretto, introdotto nel 2005, l’estensione è raddoppiata passando dal 29,7% del 2005-2006 al 53% del 2011-2012, e ci sono forti divari territoriali, che vanno dall’82% del Nord al 50% del Centro e il 12% del Sud, dove non si sono osservati dati in aumento.

da ANSA.IT Salute&Benessere del 06.08.2015

Un test delle urine per individuare il cancro al pancreas

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ECONOMICO, RAPIDO E NON INVASIVO PERMETTE DIAGNOSI PRECOCE

Economico, rapido e non invasivo: un semplice test basato sull’analisi delle urine può individuare alle fasi iniziali uno dei tumori più letali, quello al pancreas, che in Italia colpisce circa 10.000 persone ogni anno.
A metterlo a punto il Barts Cancer Institute della Queen Mary University di Londra. I risultati dello studio, diffusi dalla BBC online, sono pubblicati sulla rivista Clinical Cancer Research. Il tumore al pancreas, che agli esordi è asintomatico, è infatti diagnosticato nell’80% dei casi quando è già in fase avanzata e non si può quindi più intervenire con un’operazione chirurgico, ad oggi il solo modo di curare questa neoplasia. In questo stadio, il tasso di sopravvivenza a cinque anni è solo del 3%. Non solo il test riesce a diagnosticare il tumore quando è ancora nelle fasi iniziali, ma permette anche di riconoscere i casi di pancreatite cronica, difficili da distinguere dalle forme tumorali con mezzi diagnostici come l’ecografia e che quindi necessitano di approfondimenti specifici, come la TAC. Ad essere esaminati sono stati 488 campioni di urina prelevati da 192 pazienti con tumore al pancreas, 92 con pancreatite cronica e da 87 volontari sani. Ulteriori 117 campioni di individui con tumori al fegato o affetti da problemi alla cistifellea e colecisti, sono stati utilizzati per validare il test. I risultati hanno dimostrato che nei soggetti affetti dalla patologia tumorale la concentrazione delle proteine LYVE1, REG1A e TFF1 nelle urine è significatamene più alta rispetto a quella degli individui sani o con pancreatite cronica. Il metodo sviluppato, sottolineano i ricercatori, potrebbe essere a breve disponibile per l’uso clinico per soggetti ad alto rischio, ovvero persone con una storia famigliare, forti fumatori, individui obesi e soggetti che hanno sviluppato il diabete dopo i cinquant’anni. 

da ANSA.IT Salute&Benessere del 03.08.2015