Il cancro? Bisogna “affamarlo”, parola di scienziato

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NAPOLEONE FERRARA, CATANESE TRAPIANTATO NEGLI USA, HA PARTECIPATO AD UN CONVEGNO SULLE CAUSE DEL TUMORE

Il prof. Napoleone Ferrara

 

L’enorme popolarità e stima che gli provengono da tutto il mondo non hanno minimamente scalfito la naturale semplicità e modestia che è propria dei “grandi”, degli scienziati cioè, che hanno compiuto o stanno compiendo una ricerca o uno studio tali da cambiare, nell’ambito della propria professione, qualcosa di realmente prezioso per tutti. Napoleone Ferrara (catanese purosangue, ma americano d’adozione) ha confermato, ieri mattina, tali prerogative allorchè – su invito del prof. Renato Bernardini – ha fatto il punto, nell’ambito di un convegno su “Vascullar Endotelial Growth Factor”, nell’aula magna del Palazzo centrale dell’Università, al cospetto di un uditorio foltissimo, su quell’importantissimo filone di sperimentazioni che da oltre un decennio lo impegnano, per l’appunto, negli Usa e che riguardano l’approfondimento dei fattori causali del cancro: una premessa essenziale questa, che prelude (come già fatto sia pure parzialmente ma in maniera concreta in quest’ultimo decennio) a una terapia mirata delle medesime patologie. Il prof. Ferrara ha intrapreso e portato avanti tale complesso programma nell’ambito di quella “fuga di cervelli” che si fa sempre più intensa e che al tempo stesso offre risultati tanto eclatanti da indurre all’accettazione pur dolorosa del fenomeno. Come descritto infatti ieri dallo stesso Bernardini nella prolusione alla conferenza, è stata una borsa di studio vinta presso l’University of California, dopo appena qualche anno dalla sua specializzazione, ad offrire l’occasione allo stesso Ferrara – dietro sollecitazione del maestro prof. Scapagnini che ha avuto in lui un allievo d’eccellenza – di far conoscere il proprio enorme potenziale di studioso di razza e di entrare in breve tempo in un “firmamento” riservato appunto ai migliori per quel che riguarda soprattutti l’oncologia in generale e la patogenesi dei tumori in particolare. I risultati non tardarono, infatti, a venire. Dopo pochi anni infatti, potè rivelare il risultato scientificamente clamoroso di una sua scoperta destinata a suscitare una vasta eco nel mondo: quello della scoperta di una proteina che risulta determinante nel favorire la crescita del tumore. Il presupposto di tale risultato parte da un principio: quello secondo il quale un tumore cresce e si sviluppa attraverso tutto un complicato meccanismo che viene chiamato “oncogenesi” e che ha alla base i vasi sanguigni presenti nella massa tumorale al fine naturale di nutrire quest’ultima che è peraltro “affamata” di energia. Orbene: l’intuizione di Ferrara è stata quella di studiare meticolosamente tale processo biologico dell’angiogenesi; un approfondimento, questo, che ha condotto alla scoperta di una proteina presente in seno alle cellule neoplastiche e capace di bloccare i vasi sanguigni che rappresentano peraltro l’elemento di nutrizione del tumore, impedendone, di conseguenza, la crescita. Di qui la possibilità di agire su tale proteina al fine di “affamare” le stesse cellule neoplastiche e poter pertanto agire in maniera diretta su di esse neutralizzandole e distruggendole attraverso un meccanismo (quello appunto che blocca l’angiogenesi) il quale ha dimostrato risultati positivi negli animali da esperimento e che sull’uomo impone ulteriori approfondimenti per quanto concerne i tumori. La scoperta della proteina che blocca l’angiogenesi dei tumori – sia pure accidentalmente – ha dimostrato e continua a dimostrare risultati sicuramente positivi in talune altre patologie non tumorali ma infiammatorie che hanno alla base un’inadeguata vascolarizzazione quali ad esempio la maculopatia essudativa che porta alla cecità, al punto da avere indotto alla produzione (regolarmente autorizzata) di adatti farmaci volti a normalizzare la situazione vascolare nel distretto oculare.

di Angelo Torrisi da LA SICILIA del 30.04.2015

Tumori, 4 su 10 si possono evitare, 8 le regole d’oro

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DIETA MEDITERRANEA E BOCCIATE LE LAMPADE SOLARI

Il 40% dei tumori è potenzialmente prevenibile. A ricordarlo sono gli oncologi, che propongono 8 semplice regole ‘anticancro’:

1) NO AL FUMO: il 25-30% di tutti i tumori è correlato al consumo di tabacco. Ogni anno, nel mondo, tre milioni di persone perdono la vita per questa causa: si calcola che i fumatori muoiano mediamente otto anni prima. Numerose ricerche confermano la pericolosità anche del fumo passivo.

2) MODERARE IL CONSUMO DI ALCOL: l’alcol aumenta il rischio di cancro del cavo orale, faringe, esofago e laringe. È inoltre fortemente correlato all’insorgenza di tumore del fegato, intestino e mammella nelle donne. L’assunzione è assolutamente sconsigliata prima dei 15 anni.

3) SEGUIRE LA DIETA MEDITERRANEA: è dimostrato che il maggior apporto di frutta e verdura, specie se crude, ha un forte effetto protettivo sul rischio di numerose forme tumorali, in particolare a carico degli apparati digerente e respiratorio.

4) CONTROLLARE IL PESO: l’obesità e l’elevata assunzione di grassi costituiscono importanti fattori di rischio da evitare. È dimostrato che persone con un sovrappeso uguale o superiore al 40% presentano tassi più elevati di mortalità per cancro del colon-retto, prostata, utero, cistifellea e mammella.

5) PRATICARE ATTIVITÀ FISICA: lo sport riduce in modo notevole le possibilità di sviluppare un cancro. I sedentari hanno una probabilità del 20-40% superiore di ammalarsi.

6) NO ALLE LAMPADE SOLARI E ATTENZIONE A NEI E NODULI: la pericolosità delle lampade abbronzanti è ormai dimostrata e sono considerate cancerogene al pari delle sigarette. Un’esposizione precoce, in particolare prima dei 30 anni, incrementa del 75% il rischio di sviluppare il melanoma. La presenza di nei è inoltre indice di una maggiore predisposizione allo sviluppo di neoplasie della pelle, vanno quindi tenuti sotto controllo.

7) PROTEGGERSI DALLE MALATTIE SESSUALMENTE TRASMISSIBILI: il 15-20% dei tumori deriva da infezioni che possono essere prevenute; fra queste alcune, come l’epatite o il papilloma virus, possono essere trasmesse attraverso i rapporti sessuali.
Per proteggersi è bene utilizzare sempre il preservativo.

8) NO ALLE SOSTANZE DOPANTI: gli steroidi anabolizzanti comportano un aumento del rischio di tumori, in particolare a fegato, prostata e reni.

da ANSA.IT Salute&Benessere del 28.04.2015

Melanoma e sole, alleanza pericolosa

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Uno screening gratuito e che si svilupperà in quattro giornate a cura del Programma Interdipartimentale di Farmacologia Clinica dell’Azienda ospedaliero-universitaria “Policlinico-Vittorio Emanuele” di cui è direttore il prof. Filippo Drago, in collaborazione con la Fondazione Teresa e Luigi de Beaumont Bonelli Onlus, verrà realizzato, dal 27 al 30 aprile 2015, attraverso un progetto per la prevenzione e per la diagnosi precoce del melanoma cutaneo del tumore. L’iniziativa dal titolo “Amici per la pelle”, offrirà agli studenti dell’Università di Catania l’occasione di conoscere meglio le caratteristiche del melanoma, specie in questa fase dell’anno che prelude all’estate. Tale ciclo di visite verrà effettuato da dermatologi qualificati afferenti all’unità operativa di Dermatologia dell’Azienda ospedaliero-universitaria “Policlinico-Vittorio Emanuele”, presidio “Gaspare Rodolico”, con l’ausilio di videodermatoscopi portatili. Il melanoma rappresenta il tumore maligno più importante della pelle, che trae origine dai melanociti, cellule localizzate nell’epidermide deputate alla produzione del pigmento. La sua incidenza, negli ultimi anni, è aumentata in modo considerevole, seconda soltanto a quella dei carcinomi, ma di relevanza sociale nettamente superiore per l’elevato indice di mortalità. Nel mondo si registrano picchi massimi in Australia (40/50 nuovi casi ogni anno per ogni 100.000 abitanti) e negli stati meridionali degli Usa, vale a dire in popolazioni di carnagione chiara sottoposte ad un irraggiamento solare cospicuo. Anche in Italia si è avuto un incremento di tale patologia passando dai 5/7 casi ogni 100.000 abitanti di 30 anni fa, ai 10/30 casi attuali, con notevoli differenze tra le varie statistiche delle regioni del nord e del sud dovute sia alle diverse caratteristiche della popolazione, sia alle differenti metodiche di rilevazione (alcuni tengono in considerazione soltanto le forme invasive). Da tutti i dati emergono in ogni caso quelli che sono i due fattori di rischio più importanti: l’esposizione solare (abitudini) e i fattori genetici (fototipo: tendenza alla scottatura e la capacità di abbronzarsi dopo esposizione solare). Il male colpisce indifferentemente entrambi i sessi, con una preferenza agli arti inferiori in quello femminile ed al tronco nel maschile. Nella maggior parte dei casi, circa il 70%, insorge su cute sana da melanoma, presenti nell’epidermide. Soltanto nel 30% dei casi insorge da un neo preesistente. Fortunatamente, a fronte del forte aumento d’incidenza di tale patologia, stimato nelle nazioni industrializzate, a popolazione bianca, attorno al 4/5% d’incremento annuo, la mortalità fino a pochi anni fa percentualmente elevata, ora si è stabilizzata attorno al 15/20% dei casi. L’indice di sopravvivenza per tale patologia si aggira attorno all’80% a cinque anni, se consideriamo i melanomi nella loro globalità. Questa inversione di tendenza si è avuta grazie a una maggiore sensibilità della popolazione verso tali problemi, conseguente alle campagne d’informazione e di prevenzione che sono effettuate ormai in modo routinario, in tutte le regioni. Ciò ha portato a fare diagnosi sempre più precoci con possibilità d’intervento nelle fasi iniziali della malattia e conseguente guarigione nella maggior parte dei casi con un semplice intervento chirurgico ambulatoriale. Una diagnosi di melanoma effettuata nelle fasi iniziali della malattia, quando questa è ancora confinata negli strati superficiali della pelle, permette di ottenere una guarigione nella pressochè totalità dei casi.

di Angelo Torrisi da LA SICILIA del 23.04.2015

Tumore ovarico colpisce 250.000 donne, 8 maggio Giornata mondiale

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TRA I PIU’ INSIDIOSI, FONDAMENTALE DIAGNOSI PRECOCE

‘Conoscere la malattia è fondamentale per combatterla’. E’ lo slogan lanciato dall’associazione Iris per la Prevenzione, la Cura e la Ricerca in Oncologia Ginecologica in vista della Giornata mondiale contro il tumore ovarico, che si celebrerà l’8 maggio: una forma di cancro tra le più insidiose che colpisce 250mila donne nel mondo, e per la quale è di cruciale importanza la diagnosi precoce. Con uno spot, Iris onlus accende i riflettori su questa malattia, sottolineando che si tratta del tumore con il più basso tasso di sopravvivenza per la mancanza di consapevolezza sui sintomi e per la diagnosi tardiva. Da qui l’importanza dell’informazione, obiettivo della Giornata mondiale. Il carcinoma ovarico è l’ottavo tumore più diffuso fra le donne. Nel 2014 in Italia si sono registrati quasi 5 mila nuovi casi, circa il 3% del totale dei tumori diagnosticati tra le donne. Le stime indicano che nel corso della vita 1 donna italiana ogni 74 sviluppi un tumore ovarico. Con la mutazione dei geni BRCA, che si riscontra nel 15% circa delle pazienti, inoltre, il rischio di sviluppare il tumore ovarico è del 39-46%, rispetto all’1,8% della popolazione generale. Piu’ di 140.000 donne in tutto il mondo muoiono ogni anno a causa di questa malattia. Si tratta di un tumore maligno che ha origine dal tessuto di rivestimento della superficie dell’ovaio o della tuba. Le cellule tumorali originate dalla superficie ovarica o tubarica possono diffondersi nella cavità addominale ed attecchire direttamente sugli altri organi addominali, oppure possono diffondersi in altre parti del corpo attraverso il flusso sanguigno e i linfonodi. In questo modo il tumore ovarico si diffonde precocemente al di fuori del luogo di origine. Tuttavia, se rilevato a uno stadio iniziale, affermano i ginecologi, il carcinoma ovarico e’ normalmente asportabile.

da ANSA.IT Salute&Benessere del 22.04.2015

Usa: da alcune vitamine in pillola a rischio cancro

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RICERCA AMERICANA: ATTENZIONE A BETACAROTENE, SELENIO E VITAMINA E

Attenzione alle vitamine ed ai supplementi vitaminici in pillola: invece che migliorare la salute, potrebbero aumentare i rischi di tumore. Parola di Tim Byers, direttore della ricerca sul cancro all’universita’ del Colorado, che ha dedicato gli ultimi 20 anni a studiare gli effetti delle vitamine sintetizzate in laboratorio. Dai risultati di 12 diverse indagini in materia, che hanno coinvolto piu’ di 300.000 persone, Byers ha osservato come l’uso di una serie di supplementi sia possibilmente associato ad un aumento dei casi di alcuni tipi di cancro: e’ il caso del betacarotene collegato ad un incremento del tumore dei polmoni. Ma anche – ha detto lo scienziato al meeting annuale dell’american Association per la ricerca sul cancro in corso a Philadelphia – del selenio, associato a tumori della pelle.
Quanto agli uomini che assumono vitamina E, essi evidenzierebbero un aumento dei pericoli di tumore della prostata. Acido folico e vitamina B presi in eccesso, aumenterebbero invece le probabilita’ di cancro del colon.
Byers ha invitato ad assumere le vitamine in pillola con cautela:”Penso che la gente dovrebbe almeno prenderne in misura non superiore a quella che si puo’ assorbire tramite la dieta”. 

da ANSA.IT Salute&Benessere del 21.04.2015

“Biopsia liquida”, si scovano i tumori con l’analisi del sangue

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E’ COME METTERE IL CODICE A BARRE AL DNA DELLE CELLULE MALATE

Non più un intervento chirurgico, ma una semplice analisi del sangue: tanto potrebbe bastare in futuro per diagnosticare un tumore e prevedere recidive, grazie alla promettente tecnica della cosiddetta biopsia liquida, con cui si cercano i minuscoli frammenti del Dna tumorale nel sangue del paziente. Nello studio, coordinato da Mark Roschewski del National Cancer Institute statunitense e pubblicato sulla rivista Lancet oncology, si spiega che l’obiettivo è quello di arrivare, tramite l’analisi del sangue, a capire se la terapia sta funzionando, e se il tumore sviluppa delle resistenze. I trattamenti inefficaci potrebbero così essere abbandonati in fretta, contenendo gli effetti collaterali e permettendo ai medici di cercare alternative. Tuttavia, servono ancora altri studi per valutare l’affidabilità del test. I risultati preliminari sono però incoraggianti. Nello studio, condotto su 126 pazienti con la più comune forma di linfoma, il test ha previsto la ricomparsa del tumore con oltre tre mesi di anticipo rispetto alla tac, e identificato i pazienti che probabilmente non avrebbero risposto alla terapia. ”Ogni cancro ha una mutazione che può essere monitorata con questo metodo – spiega David Hyman, uno dei ricercatori – E’ come mettere un codice a barre al tumore nel sangue”. L’idea di questo test è nata con la scoperta anni fa che il feto perde piccoli pezzi di dna nel sangue materno. Si è poi pensato che tutte le cellule che crescono, incluse quelle tumorali, perdono minuscoli frammenti di Dna, non facili da trovare in mezzo alle altre molecole del sangue. Ma grazie a metodi avanzati di sequenziamento del Dna, si sono trovate centinaia di mutazioni da usare come codice a barre per i tumori, sviluppando così la biopsia liquida.

da ANSA.IT Salute&Benessere del 21.04.2015

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